Le misure previste dalla Garanzia Giovani e la decontribuzione non hanno dato i risultati attesi.

I dati ISTAT certificano che la ripresa economica fatica ancora a tradursi in una inversione di rotta sull’occupazione dei giovani. Gli incentivi previsti dalla Garanzia Giovani e dalla Legge di Stabilità 2015 (esonero contributivo triennale sulle nuove assunzioni a Tempo Indeterminato) hanno inciso poco sulla disoccupazione giovanile:  su circa 800.000 contratti incentivati (da gennaio ad agosto 2015) solo il 12,3 % riguarda giovani under 25.

Quali saranno gli assi portanti delle politiche attive del lavoro per il 2016?

Garanzia Giovani e politiche attive: molte sono le risorse ancora da impegnare (entro il 2015) e spendere entro il 2018. Su 800.000 iscritti al Programma solo in 200.000 hanno un’offerta di lavoro, tirocinio o hanno frequentato un corso di formazione. Per il 2016 si punterà molto sugli strumenti che incidano efficacemente sull’occupabilità dei giovani e che agevolino il matching tra domanda e offerta di lavoro. Molte risorse a questo riguardo verranno impegnate per l’autoimprenditorialità giovanile e l’apprendistato. Sarà strategico per l’immediato futuro utilizzare in maniera precisa la banca dati che il Progetto Garanzia Giovani sta implementato. Per il tramite della costituenda agenzia nazionale per le politiche attive (ANPAL) i giovani disoccupati/inoccupati potranno essere coinvolti direttamente dalle misure che prevedono l’inserimento nel mondo del lavoro.

Rivitalizzare il sistema duale dell’apprendistato: il jobs act intende rafforzare l’impostazione duale dell’apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale (fascia di età 15-25 anni) e dell’apprendistato per l’alta formazione e ricerca. Nel nuovo modello duale per le aziende verranno abbattuti i costi del training interno ed esterno. In più fino al 31 dicembre 2016 sono previsti per le imprese bonus economici (€ 3000) ad assunzione.

Alternanza scuola/lavoro: “La Buona Scuola” (l. 107) ha finalmente riconosciuto agli studenti italiani il diritto di imparare lavorando. L’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria è una delle più significative innovazioni introdotte dalla riforma scolastica. Un’innovazione attesa da tempo. Chi fa impresa sa bene che la maggior parte dei giovani che entrano in azienda, pur con molti talenti e conoscenze, non ha praticamente mai fatto un’esperienza di lavoro durante il percorso di studi. Solo il 4% dei giovani tra 15 e 29 anni è riuscito a conciliare studio e lavoro. In Germania, Regno Unito e Francia si arriva a oltre il 20%. Un ritardo culturale enorme in un contesto europeo e globale sempre più competitivo. Integrare scuola e lavoro significa concretamente ridurre le lunghissime transizioni occupazionali che in Italia possono avere una durata di 10-12 mesi, mentre in tutti i Paesi europei più orientati alla formazione on the job durano al massimo 4 mesi. È in questo lasso di tempo che si generano fenomeni drammatici come quello dei NEET, i giovani che non studiano e non lavorano: siamo tra quelli che ne hanno più di tutti in Europa. “La Buona Scuola” prevede per il 2016 risorse per 100 milioni, la riforma prevede un minimo obbligatorio di 400 ore nel secondo biennio e nell’ultimo anno di istituti tecnici e professionali, mentre nei licei sono previste almeno 200 ore nel triennio. Oggi la durata media dei progetti e di sole 96 ore all’anno. I percorsi di alternanza si potranno effettuare in azienda ma anche in enti pubblici, musei e anche in estate e all’estero. Una sfida enorme che coinvolge da un lato le scuole ma pure le imprese che vorranno attivare i percorsi di alternanza per le quali è previsto un Registro nazionale c/o le Camere di Commercio.

A cura del Centro Studi CNA Bari

Gianluca Tisci